mercoledì 16 novembre 2016



Roberta Faccani, una voce esplosiva, un'artista poliedrica
: "Mi piacerebbe scrivere una canzone per Silvia Mezzanotte o Lady Gaga"



Chi è Roberta Faccani, tutti gli appassionati del glorioso gruppo Matia Bazar la ricorderanno per un brano che a mio avviso andò molto fuori dai canoni allora molto soft dei Matia, il cui titolo era "Grido d'amore". In questo brano la cantante marchigiana classe 1968, dava sfoggio delle sue immense capacità vocali e della sua potente presenza scenica sul palco. Dopo l'abbandono ai Matia abbiamo voluto fare un'intervista a 360 ° sulla vita professionale della cantante.



Salve Roberta, leggiamo dalla tua biografia che le tue prime orme le hai mosse direttamente al CET di Mogol, oggi cosa ti rimane di quell'esperienza a fianco di uno dei più prolifici parolieri italiani?

Nel 94 ho vinto una borsa di studio per il C.E.T. di Mogol dopo una esibizione live in cui egli mi notò. Giulio mi propose di fare subito il corso interpreti e accettai con entusiasmo. Mi sono diplomata nel 95 e alle varie lezioni con molti artisti docenti, ho incontrato il mio primo produttore Mario Lavezzi con cui ho collaborato per anni e che produsse il mio primo singolo Rido. In quegli anni il C.E.T.era agli esordi e ricordo sopratutto il grande fermento di talenti che pullulavano ai corsi e gli innumerevoli concerti che abbiamo fatto in giro per l' Italia dove insieme a alcuni meritevoli giovani studenti interpretavamo le grandi canzoni di successo scritte proprio da Mogol - Lavezzi. È stata una palestra importante per affrontare il pubblico in un live. Suonavo anche la chitarra e oltre a brani da solista facevo la back vocalist imparando l'arte non facile di fare bene i cori e le armonizzazioni. Giulio mi ha fatto capire anche come si scrive una canzone, un testo nello specifico essendo lui un sommo autore. Per me è stato anche e sopratutto un modo per farmi conoscere agli addetti ai lavori e per cercare una strada discografica affinando una mia personalità vocale e artistica.
Molto spesso nella musica italiana ci sono state epoche, basti pensare ai primi anni 60' con gli urlatori, gli anni 70' con la musica di protesta, etc etc. Oggi si assiste sempre di più all'arrivo di talenti spesso simili tra loro, quanto è difficile essere originali e cosa consigli ad un ragazzo o gruppo che si affaccia nel panorama musicale?

Potrei parlare per ore su questo argomento e cioè sul crearsi una propria strada originale e riconoscibile e su cosa fare per imporsi nel mercato discografico. Per noi al tempo era più facile in quanto esistevano i talent scout che davvero capivano di musica che fisicamente andavano a scovare i talenti nei festival o in giro nei club.E c'erano discografici illuminati che se credevano in te primo non ti chiedevano assolutamente denaro ma anzi investivano; ti affiancavano un team di lavoro per cercare di trovare la giusta linea musicale con autori compositori e arrangiatori al fine di immettere nel mercato qualche cosa che possibilmente non ci fosse già. Castrocaro era l'anticamera di Sanremo e dunque importantissimo per i giovani. In fin dei conti c'era creatività e siccome il talento vero era scevro da imitazioni(non c'era internet né karaoke ), se valevi davvero una chance te la davano. Detto questo il consiglio unico che mi permetto di suggerire è quello di lavorare a una gavetta fatta di studio tecnico sì, ma sopratutto di originalità .Aprire la radio e essere riconoscibile al volo rimane l'unica alternativa valida e per fare questo non si può far altro che cercarsi dentro e scoprire cosa veramente si è e non quello che va di moda o che tutti fanno. In pratica vince sempre e solo chi fa di testa sua e chi ha un vero sacro fuoco. Il resto è moda momentanea e poi nei Live devi sempre fare la differenza. Puoi avere anche una bella voce ma se non hai repertorio non si va da nessuna parte. Consiglio di acculturarsi prima musicalmente e poi vocalmente e se possibile scriversi da solo le canzoni o affiancarsi a un team che tiri fuori un prodotto credibile.
Con la scomparsa di Giancarlo Golzi i Matia hanno perso una colonna del gruppo ed infatti al momento il progetto sembra congelato, che rapporto hai mantenuto con i tuoi ex compagni di avventura?

Con i Matia Bazar ho lavorato 6 anni (dal 2004 al 2010 ) e imparato molto sopratutto su come gestire il business e cioè cosa fare e non fare. La morte di Giancarlo oltre a dispiacermi umanamente ha creato sicuramente un nuovo spartiacque nella storia della band, ma sono certa che i miei ex colleghi troveranno prestissimo la strada per ritornare a galla. Cassano rimane un grande produttore e compositore e mi aspetto da lui un guizzo geniale. So che non deluderà le mie aspettative e quelle di chi sempre amerà i Matia che tanto hanno dato alla musica italiana.
La tua presenza scenica è importante, molto diversa rispetto alla Ruggiero per esempio,hai mai avuto contatti con l'ex cantante dei Matia o con le altre cantanti che si sono avvicendate?
Fortunatamente avendo una personalità ben precisa ognuno delle soliste dei Matia ha dato un suo apporto alla continuazione della band. Io non ho mai voluto copiare nessuno altrimenti farei l'imitatrice nella vita e non la cantautrice. Detto ciò, ho avuto l'onore di conoscere Antonella (Ruggero) a Sanremo 2005 quando eravamo in gara e subito ho capito che è una persona intelligente e una grande signora oltre che indiscussa fuoriclasse della vocalità. Silvia l'ho vista in varie occasioni nel corso degli anni e ne apprezzo qualità tecniche E senso degli affari.
Trovo sia una ottima manager di sé stessa. Questo è un valore aggiunto in questo mondo e vorrei scrivere per lei ora che ha intrapreso nuovamente una carriera da solista. Non ho avuto invece in piacere di conoscere Laura (Valente) ma la considero una musicista a tutto tondo.
Rispetto a molte cantanti, tu sei un'artista poliedrica, oltre la voce sai utilizzare bene anche le doti attoriali, infatti hai scritto e partecipato a diversi musical, come si riesce ad amalgamare entrambe le arti?

Nasco cantante pura ma mi sono scoperta attrice molto presto solo che fino all' incontro col mondo del musical non ho prestato attenzione a una dote innata.È stato Fabrizio Angelini, regista di Rent (il mio primo musical), a incitarmi a continuare col teatro. È una attitudine naturale che strada facendo ho affinato anche grazie a collaborazioni importanti. Christian Ginepro in Alice nel paese delle meraviglie mi ha tirato fuori ironia e drammaticità con la regina di cuori e Giuliano Peparini in Romeo e Giulietta ama e cambia il mondo, la dolcezza che nessun ruolo prima ad ora aveva messo in luce. Si cresce anche e soprattutto con chi sa darti ma anche se sai metterti a disposizione e in gioco. Io mi evolvo sempre perché non mi sento mai arrivata. Inoltre scrivere canzoni ha affinato la mia capacità di esplorare diversi stili e generi musicali. Scrivere per altri è creativo e suggestivo.
Progetti musicali per il futuro?un brano pronto per Sanremo ce l'hai?
Sanremo è una manifestazione importantissima per chi ha un progetto da far sentire a tanta gente in pochi giorni. Al di là della gara è pubblicità immediata. Tornerei volentieri ma non è così facile. Le proposte sono tante e se tornerò presenterò qualcosa che mi rappresenterà veramente. Quando toccherà a me mi farò trovare pronta.

Se ci fosse una canzone da cantare che non hai mai cantato quale sarebbe?
La canzone che vorrei cantare è una canzone che possa rimanere nel tempo e che tutti possano ricordare. Un successo insomma; che sia mia o di altri autori non ha importanza ma dovrebbe essere veramente emozionante. Conta sopratutto questo per me. Il resto lo decide il pubblico.
Nel tuo impasto vocale si sente molto la potenza e l'uso delle corde vocali al massimo, potremmo dire che Mina è stata una grande colonna di riferimento, ci sono altri colleghi che hai ascoltato molto?

Nonostante quello che si può pensare anche se Mina è per me il non plus ultra vocalmente, vengo da un' altra formazione musicale. Le voci americane soul e blues e la musica rock. Se posso dirti chi mi ha ispirata maggiormente dico Guesch Patti (quella di Etienne), artista poliedrica e sottovalutata. Per me è stata una grande avanguardista e quindi amore a prima vista. Oggi dovessi dire chi mi da emozioni dico Lady Gaga perché è un passo avanti in tutto.
Se ti proponessero un duetto con chi ti piacerebbe farlo?
 Amo le collaborazioni per cui ci sono molti colleghi con cui duetterei volentieri. Su tutti Mina che rimane la più grande artista italiana per me e all'estero sceglierei i Toto un gruppo che adoro da sempre e la cui musica porto nelle viscere.
Ti piace più cantare o scrivere canzoni?
Cantare e scrivere canzoni oggi è un progetto univoco. Mi diverto sul palco ma anche in studio quando scrivo arrangio o produco. Non mi va di rinunciare a nessuna delle due strade. Quello che mi interessa è la credibilità e quindi non canterò o scriverò mai canzoni che non sento credibili prima che per gli altri per me stessa.
Oggi la musica attraversa un periodo non facile dal punto di vista commerciale, secondo te qual è la chiave giusta per rilanciare il mercato?
La chiave è invece non pensare più e solo commercialmente ma tornare alla creatività e diversificazione. Tornare a fare musica non per mero business (almeno non solo),ma per vera arte e lasciare che il pubblico possa scoprire tanta musica che in radio e in Tv non ci va mai;magari sbagliare, ma provare a sperimentare. Se si fanno brani sempre a tavolino per essere sicuri di vendere si tralascia per forza il diverso, anche l'estremo se vuoi e non si fa più trapelare il talento che non è per forza standard. Tornerei a fare ricerca sugli arrangiamenti e scrittura intanto aprendo a autori che non riescono nemmeno a fare arrivare i loro brani alle case discografiche. Partirei dalle canzoni prima che dalle voci. I talent in tv non li farei più solo per i cantanti ma per gli autori e arrangiatori e farei come si faceva una volta per esempio..aprire maggiormente alle collaborazioni fra musicisti creativi: esisteva l'interscambio che oggi non esiste più.
Un consiglio ai nostri lettori su un gruppo, una canzone o cantante che merita di essere ascoltato?

Ascoltare la musica tutta è il mio consiglio: prima di sapere chi oggi è primo in classifica sapere chi è stato Burt Bacharach o George Gershwin tanto per dire due nomi.Le nuove generazioni sanno tutto di tv ma non hanno cultura musicale pregressa, indispensabile anche per crescere vocalmente.
Un'ultima domanda. Dove e quando potranno ascoltarti i tuoi estimatori, ci sono progetti discografici in arrivo?
Intanto sono in vendita i miei due album da solista "Stato di grazia" di cui sono autrice sia delle musiche che liriche e il Dvd Live "Un po' matt (i)a un po' no..."che è un Live registrato in varie tappe dei miei concerti.
Li potete trovare sulle varie piattaforme on Line tipo Amazon. ..i Tunes. ..ecc... inoltre sto per iniziare un tour invernale preludio del tour estivo nelle piazze, previsto per l'estate 2017. Oltre questo, ci tengo a sottolineare che presto tornerò anche al musical. Sono in uscita anche brani scritti per altri artisti, ma per ora lascio che sia una sorpresa. Nel frattempo sto facendo numerose masterclass di canto in giro per l'Italia che pubblicizzo sulla mia pagina Facebook ufficiale Roberta Faccani. È previsto anche un nuovo album di cui parlerò presto...







mercoledì 12 ottobre 2016


 Il "prog" spiegato dall'enciclopedia umana Augusto Croce Augusto Croce

 




Augusto Croce è un personaggio di quelli ai quali verrebbe il desiderio di stringere la mano e dire grazie, il perché ve lo svelo subito. E' l'ideatore di un sito meraviglioso, oserei dire enciclopedico per tutti gli appassionati per la musica prog, qualcuno potrebbe obiettare e dire che ne esistono di molti, ma questo è dedicato esclusivamente alla nostra musica rock progressiva in cui nel sito il cui indirizzo è italianprog.it elenca con ampi particolari biografici storia delle band o dei singoli cantanti, analisi del disco, della copertina e particolarità una sorta di enciclopedia del genere. Da qualche giorno questo immenso lavoro di anni ha avuto la sua nascita "fisica" per così dire, infatti è in vendita un libro direttamente tratto ed ispirato dal sito stesso, abbiamo chiesto all'autore molte cose interessanti sul genere.





Augusto Croce intanto grazie per avermi dedicato del tempo. Come nasce questa passione per il prog?


Essere un ragazzino appassionato di musica nei primi anni 70 significava necessariamente sentire alla radio i grandi gruppi del rock inglese e americano ma anche i tanti gruppi del pop nostrano. La passione è nata intorno al 1973 quando ascoltai per la prima volta la Premiata Forneria Marconi e soprattutto il Banco del Mutuo Soccorso e mi resi conto che un genere musicale che avevo associato solo a musicisti stranieri era suonato anche, e molto bene, dagli italiani.
Con il passare del tempo e il declino del prog questo amore mi è rimasto dentro ed è nuovamente esploso quando si ricominciò a parlare di questa musica con termini finalmente positivi e non ironici o dispregiativi come spesso era avvenuto soprattutto verso la fine degli anni Settanta.
Essendomi appassionato poi al collezionismo musicale è stato naturale inserire tra i miei interessi principali la musica progressiva degli anni ’70 e cominciare ad approfondirne la storia e i protagonisti, prima con un intento puramente collezionistico, poi con un approccio più “scientifico”. Questo mi ha portato al desiderio di pubblicare i risultati delle mie ricerche, prima in un sito, poi in un libro.


Se oggi dovessi spiegare ad un giovane ragazzo che non ha mai sentito parlare di questo genere, in qualche riga cosa diresti?

La definizione di musica progressiva è complessa e si presta a infinite interpretazioni soggettive.
Direi che in generale la migliore è quella che la ritiene quel tipo di musica che ha superato le distinzioni dei generi tradizionali (in particolare il rock e il blues) miscelando varie influenze, a partire dalla musica classica e operistica per arrivare a includere jazz, folk e canzone melodica italiana senza una “ricetta” predefinita. In particolare il prog italiano si è distinto proprio per la presenza di due elementi tipici della nostra tradizione musicale, l’opera e il genere melodico, che hanno contribuito a identificare anche all’estero i musicisti della scena italiana.


Quali sono stati secondo te i momenti di massima luce di questo genere nella nostra Penisola?

Direi che il periodo in cui si è affermato questo genere si può indicare negli anni tra il 1970 e il 1975, quando il declino di questa musica è stato più o meno universale nei vari paesi in cui si era diffusa. Nel nostro paese direi che il punto di massima creatività e dei più alti livelli qualitativi si è avuto più o meno a meta di questo periodo: ritengo il 1973 l’anno d’oro del prog italiano, sia per il gran numero di nuove formazioni che in quell’anno hanno esordio che per la quantità di dischi di eccezionale livello che sono stati prodotti, tanto da lasciare l’imbarazzo della scelta a chi volesse stilare un’ideale classifica dei migliori.


Nel prog spesso si parla di scuole a livello internazionale, potremmo dire che PFM, Banco, Area, Orme hanno a loro modo impartito lezioni a gruppi minoritari?

Certamente in Italia hanno tracciato una strada, ciascuno con le proprie peculiarità. Aggiungerei i New Trolls per l’impulso che hanno dato nel rinnovare la canzone più melodica, in particolare quella cantata a più voci, con elementi del rock di derivazione straniera, e gli Osanna che hanno fatto lo stesso con il folklore mediterraneo.
Echi di PFM, Banco e Orme si trovano in tantissimi dischi di gruppi minori, che hanno recepito alla perfezione gli insegnamenti di questi grandi gruppi, così amati all'epoca, m’ aggiungendo spesso interessanti elementi di originalità.


Dammi il titolo di un album imprescindibile da ascoltare
Ho sempre ripetuto che Zarathustra del Museo Rosenbach contiene tutti gli elementi caratteristici del prog italiano, ma ci aggiungerei anche i primi lavori di Banco e PFM che da soli possono essere un eccezionale compendio di questo genere.


Qual è l'album che secondo te è stato sottovalutato?

Di nuovo Zarathustra, disco ingiustamente criticato per discutibili preconcetti politici, ma aggiungo anche L’Apprendista degli Stormy Six, disco a cui sono legatissimo, perché, pur risentendo di influenze piuttosto appariscenti da parte del prog inglese (penso soprattutto ai Gentle Giant) ha delle caratteristiche veramente innovative che all’epoca (ma ancora adesso) sono sfuggite a molti.


Festival di Sanremo e prog sappiamo non hanno mai avuto gran feeling, eccezion fatta per “Jesahel” dei Delirium, il perché è soltanto ad un certo snobbismo da parte degli operatori della kermesse o viceversa?

Il Festival è stato da sempre legato alla musica italiana più legata alla tradizione melodica. Ancora adesso, nonostante tanti tentativi di migliorarne la formula e i contenuti, le canzoni di maggior successo dei Sanremo sono quelle di più facile presa, quelle più melodiche e orecchiabili e non è un caso che proposte musicali di livello più elevato spesso sono state penalizzate relegandole agli ultimi posti.
I gruppi prog hanno avuto, in questa come in altre manifestazioni canore, uno spazio marginale, e spesso le hanno usate solo come vetrina per le loro produzioni più commerciali, spinte in questo da case discografiche prevalentemente piuttosto ottuse e poco aperte all’innovazione.


Oggi la musica italiana vive una fase alterna in cui artisti giovani hanno un discreto exploit, ma che non si traduce nel lungo periodo. Anche il prog in Italia non ha avuto un lungo periodo, però ancora oggi lo si ricorda. Quale ricetta serve per conservarsi nella memoria degli ascoltatori?

Oggi più che mai il pubblico si affeziona a prodotti di facile consumo, anzi credo che oggi siano diminuiti gli acquirenti abituali di dischi che esistevano qualche decennio fa e molte persone preferiscono ascoltare musica “da ascolto” ricorrendo a Youtube o scaricando quello che capita. Alcuni grossi nomi hanno un seguito molto ampio tra ascoltatori di tutte le età, ma basta rimanere per qualche tempo fuori dalle scene per essere irrimediabilmente dimenticati. È veramente difficile fare breccia nel cuore degli appassionati.


Mellotron, moog e ampio uso di tastiere, testi fiabeschi, ma spesso anche politici, potremmo definire il prog una sorta di romanzo dalla narrativa piuttosto variegata?

Come dicevo all’inizio è proprio la definizione di “progressive” ad essere incerta e variegata. Forse il bello di questo mix di generi è proprio la sua enorme variabilità che porta a comprendervi nomi totalmente diversi e distanti tra loro, che hanno però avuto in comune la voglia di sperimentare e di andare al di là dei canoni tradizionali della musica.


Due nomi contemporanei per i quali vale ancora la pena oggi ascoltare il prog italiano?

Ce ne sono tanti, e questo rende il prog ancora moderno e attuale. Sono affezionato al Bacio della Medusa perché li ho visti nascere, dato che vengono dalla città in cui vivo, Perugia, ma li ritengo obiettivamente tra i più interessanti e originali della scena prog italiana del nuovo millennio. A loro aggiungerei La Maschera di Cera perché ritengo Fabio Zuffanti un personaggio multiforme e di grande creatività che ha fatto di tutto per mantenere in vita il prog attraverso progetti musicali di ogni tipo ma sempre di altissimo livello.


Non pensi che la durata delle cosiddette suite abbia negativamente influito sulla fruizione di questo tipo di musica?

Certamente l’ascoltatore “casuale”, quello alla ricerca del motivetto di facile ascolto e immediatamente memorizzabile rimane sconcertato o addirittura infastidito di fronte a brani da 15-20 minuti (o addirittura i 50-60 di alcune produzioni contemporanee basate su suite di estrema lunghezza e complessità), ma ricordiamo che c’era un tempo in cui questi dischi si ascoltavano seduti davanti alle casse con la copertina dell’LP tra le mani in modo da collegare la musica con i testi e con le immagini rappresentate in queste vere e proprie piccole opere visive. La musica prog richiedeva all’epoca una vera e propria immersione, tanto che ancora oggi gli amanti del genere ricordano nota per nota certi passaggi chiave dei capolavori del genere!


Quanto ha interessato la politica e quanto ha influito nella diffusione e poi nella definitiva fase calante di questo genere?

Sono di quelli che hanno ritenuto l’ingresso della politica nella musica degli anni ’70 un fenomeno generalmente negativo, soprattutto considerando la progressiva esclusione che ci fu di molti gruppi meno impegnati dai grandi festival e un certo conseguente impoverimento della produzione musicale. Alcuni gruppi hanno prosperato grazie agli agganci che avevano con la politica, penso ad esempio agli Area, ma in generale non credo che questa commistione abbia fatto bene allo sviluppo della musica progressiva.


Perché un ascoltatore dovrebbe comprare il tuo libro a te un appello?

Il sito ItalianProg, sia nell’originaria versione inglese che in quella italiana che nacque dopo qualche anno, ha ancora oggi un enorme successo, segno evidente del grande interesse verso questa musica e della voglia, da parte di un pubblico di tutte le età di conoscere dettagli e informazioni di ogni genere sui suoi protagonisti. Il libro ha ripreso queste informazioni proponendole nel formato cartaceo a cui tanti appassionati sono particolarmente affezionati. È vero che si tratta di un’enciclopedia, dove le schede dei circa 600 artisti citati sono in ordine alfabetico, ma sono stati evidenziati tutti i collegamenti tra loro permettendo anche all’ascoltatore meno esperto di ricostruire facilmente le connessioni che hanno legato tra loro musicisti e gruppi dando origine ad uno dei più interessanti fenomeni musicali dello scorso secolo.






lunedì 1 agosto 2016

Ghita, un talento dalla voce gentile e dai tanti stili fusi insieme..



Chi è Ghita Casadei? A dire il vero fino a poco tempo fa nemmeno il sottoscritto sapeva chi fosse, ma grazie all'enorme potere di Youtube e della rete in genere sono venuto in contatto con questa giovane artista molto interessante e particolare. Stavo infatti "girellando" per il web quando mi sono imbattuto in questa artista romana. Mia coetanea, è nata infatti nel 1984, coltiva sin dai primi anni della sua nascita la passione per la musica. Ha all'attivo un album uscito nel 2013 dal titolo "Per quello che sono" una sorta di ritratto autobiografico attraverso le parole (sue ndr) e la musica sua anch'essa. Ho voluto così incontrare, almeno sul web l'artista romana e farle qualche domanda.
Nelle tue canzoni si sente molto un'impronta personale, una vena cantautoriale che spazia dalla nostra scuola italiana a ritmi molto più internazionali. Se dovessi fare due nomi che ti hanno influenzato quali faresti?
Difficile fare solo due nomi, non credo di riuscirci: la musica è nella mia vita da sempre è da sempre ascolto generi anche molto distanti tra loro. Da più piccina ho ceduto subito al fascino del rock blues, reduce da una formazione più classica mi innamorai di quelle che per me erano nuove sonorità. Poi è arrivato il soul, il rhythm blues con Aretha Franklin, Otis Redding, Ray Charles, che ancora oggi sono grandissima fonte di ispirazione, insieme al west coast e a quel mondo fatto di armonie vocali e accordature aperte (Crosby, Still, Nash). Come vedi sono stata e sono tutt'oggi piuttosto esterofila, ma questo non mi impedisce di riconoscere come imprescindibile per il mio percorso un autore come Ivano Fossati e con lui una insuperata interprete quale Mia Martini. Anche se per me la vera poesia in Italia sta nelle canzoni di primo novecento, partendo dalla canzone classica napoletana arrivando allo swing con la canzone jazzata e il sound tipico degli anni trenta. La sfida più grande ogni giorno è quella di cercare un linguaggio che possa racchiudere molte delle cose che amo, coniugare l'amore per un'Italia ormai quasi inesistente con sonorità invece a volte molto distanti dall'Italia.


In cosa questi autori ti hanno influenzato?
Cerco di prendere dall'Italia la poesia delle parole e il potere descrittivo che solo la tua lingua può darti. L'eleganza con cui le parole erano scelte con cura all'inizio del novecento. Per il resto la musica è bella e, fortunatamente, tanta. Non pongo limiti all'ispirazione che qualsiasi genere può darti.

Venendo al mondo della musica prettamente legato al mero guadagno, quanto oggi chi come te si autoproduce e lo fa per estrema passione può campare di musica?
Chi si auto produce lo fa per passione ma lo fa anche per identificarsi in qualcosa. Per me è stato così. Personalmente campo di musica da sempre perché da sempre è stato il mio lavoro, non c'è stato bisogno neanche di dirlo ad alta voce. Campare di musica vuol dire banalmente pagarsi le bollette con essa è per fortuna sono dell'idea che la musica ti dia sempre nuovo slancio per trovare il tuo posto nel mondo. Per me la cosa importante è cantare, suonare, stare su un palco. Se poi mi chiedi come si faccia a campare di canzoni (proprie) è tutta un'altra cosa. È difficile, ma non bisogna buttarsi giù, bisogna continuare a fare cose, possibilmente belle, per alimentare la cultura e dare una sferzata a questa epoca che stiamo vivendo, talvolta un po' troppo superficiale. Sono infatti dell'idea che solo la cultura, e con essa la bellezza, può salvarci da alcune brutture di oggi.
E' vero che il web è il male assoluto della musica, oppure come credo è un mezzo rivoluzionario che sfruttato a dovere può veicolare questo straordinario linguaggio universale ancora di più rispetto a prima?

Sicuramente è un mezzo rivoluzionario. Bisogna partire dal fatto che tutto può diventare il male assoluto se usato con poca cautela. Il web sa essere una grande trappola, ma allo stesso tempo per la nostra generazione sarebbe stupido non sfruttarne i lati positivi, come la condivisione e la semplice diffusione della propria musica. È bene non abusarne e cercare comunque di lavorare sodo alla vecchia maniera: facendo le prove, componendo, suonando. Non perdere mai di vista il proprio obiettivo insomma, fare musica e non nascondersi dietro apparenze più vicine al "sembrare" un musicista piuttosto che esserlo.

Sappiamo dal tuo sito che è in lavorazione un nuovo album, potresti anticiparci qualcosa, contenuti, ritmi?
Purtroppo per problemi personali ho dovuto frenare la mia attività live, cosa che mi fa soffrire non poco. Così dopo l'uscita di "Per quello che sono" ho dovuto far slittare anche l'uscita del secondo album. Adesso ho deciso che è arrivato il momento di dare voce a tutte queste belle canzoni che scalpitano da un paio d'anni, così sto lavorando a un nuovo disco con sonorità acustiche. Sono tornata un po' alla mia vecchia maniera: voci, chitarre acustiche, per lo più aperte, e tanti suoni evocativi. Una scelta di brani ben precisi e tanti amici da me stimati convogliati per questo mio grande gioco. Spero in autunno di finire le registrazioni e chiudere tutto con l'anno nuovo.
A 32 anni compiuti come si sente Ghita rispetto al primo album?

I 32 anni li compirò in dicembre, ma credo di poter affermare con serenità di ritenermi soddisfatta in ogni caso! Ironia a parte, sento di avere tante cose nuove da dire, ma il primo disco, seppure con tutti i difetti delle prime avventure, è sincero e per questo posso ritenermi soddisfatta anche a distanza di anni. C'era una grande esigenza di ordinare il lavoro fatto attraverso i tantissimi live degli anni precedenti, per questo è stato suonato e registrato in maniera più "moderna" (per quanto moderna io possa risultare!). Come dicevo adesso ho voglia di tornare a fare quello che ho sempre fatto e giocare con le canzoni attraverso voci, chitarre e strumenti di ogni sorta. Il prossimo lavoro sarà dunque più vicino a quello che faccio da sola in fase di composizione, più intimo e registrato molto più dal vivo.

C'è una canzone che vorresti aver scritto?
Per fortuna le canzoni sono di chiunque le voglia interpretare, questa è una grande forza della musica. Per cui senz'altro vorrei aver scritto diversi brani, certamente. Ma quando lo penso vuol dire che è arrivato il momento di farne una interpretazione di cuore e farle mie, come è successo per "Come pioveva", unica cover in "Per quello che sono". È un brano del 1918 che ha subito una grossa trasformazione tra le mie mani, e ora è parte di me.
C'è una canzone che vorresti aver interpretato e non hai ancora fatto?
Certamente, non solo una! La musica è tanta e per me è solo uno stimolo in più sapere che ci sono così tante belle canzoni da cantare! Proprio l'estate scorsa feci un concerto con quasi solo canzoni che non avevo mai cantato e che avevo voglia di affrontare.

Impegni e sogni per la prossima metà dell'anno?
Abbiamo già largamente parlato del disco che credo mi occuperà per tutto l'autunno. Per il resto sto ricominciando lentamente con i live che sono sempre stati fondamentali per me. Il 4/8 suonerò all'interno di un festival che si chiama Corricella in jazz, un festival indipendente svolto a Procida, la piccola isola del mio cuore. Nel frattempo è in lavorazione un videoclip/cortometraggio su una canzone di "per quello che sono" che si chiama "nascondersi", un brano che amo e che prenderà vita grazie alla matita di Paco Desiato, grande fumettista napoletano. La lavorazione iniziò quasi 2 anni fa, ma per mancanza di fondi fummo costretti a fermarci. Così quest'anno ci siamo decisi ad aprire una campagna di raccolta fondi per settembre. Inizieremo a promuovere il videoclip proprio a Corricella in jazz dove proietteremo il trailer. Paco presenterà un suo libro contestualmente al mio concerto e l'occasione è perfetta visto che la storia animata è ambientata a Procida. Sarà dunque ben accetto chiunque vorrà contribuire anche con un piccolo gesto a questa piccola grande fatica. Una volta finito il videoclip vorremmo iniziare una serie di concerti che vedranno Paco disegnare durante il mio set. Una grande emozione per me!

giovedì 26 maggio 2016

Un po' di promozione agli amici non guasta mai
Bon Cure, questo è il nome di un progetto musicale interessante che oggi voglio raccontarvi.
Bon Cure è l'album solista di Giorgio Marri, un ragazzo di 32 anni di Orbetello che per la zona, specie per la bassa Maremma non è certo uno sconosciuto. Giorgio ha spaziato negli anni nel mondo del punk, rock e raramente in melodie più dolci che strizzano l'occhio al pop.
E' però anche vero che la sua voce non è certo graffiante da interpretare canzoni strettamente "hard" è vero il contrario, Giorgio è dotato di una voce molto bella dal punto di vista melodico, pulita, composta da note alte e caratteristiche vere e proprie da interprete. Sarà stata forse questa la ragione per cui l'artista orbetellano ha deciso di cimentarsi in un progetto così intimista.
Lo ha fatto accompagnandosi dall'amico Matteo Benedetti al basso e da altri turnisti che hanno prestato volentieri le loro preziose conoscenze per questo album.
A dire il vero più che un album questo lavoro somiglia ad un libro, con un unico comune denominatore: il racconto.Giorgio Marri lo fa con il prezioso uso delle parole e con una voce mai fuori dalle righe come del resto lo stile cantautorale richiede.
Spazia in questo LP da canzoni in italiano a pezzi in inglese, personalmente ho apprezzato due brani "Chiudi gli occhi" e "sospirerò", specie in questo ultimo brano si sente la forza delle parole e l'uso straordinario della voce.
Un plauso va a mio parere ai musicisti che hanno saputo toccare senza strafare una musica mai banale con tappeti musicali degni di nota.
E' uno di quei cd che verrebbe da descrivere come la nascita di un progetto "da cantina" come si faceva negli anni '70, si respira infatti l'aria di un progetto costruito con il cuore, come ho già ripetuto mai banale.
Probabilmente se dovessi trovare un difetto avrei osato di più sull'uso dei cori, a parte qualche controcanto, non è presente per esempio una voce femminile che a mio avviso avrebbe ancora di più impreziosito il progetto.
Bon Cure è possibile acquistarlo contattando il team attraverso Facebook o la pagina del sito internet http://www.boncure.com/

Per far sì che la musica cresca, che i progetti cosiddetti di nicchia prendano il volo c'è bisogno di apprezzare chi la musica la fa sognando, chi si rifiuta di appartenere ad un cliché scontato.

Come sempre buon ascolto